Reduce da uno dei successi più clamorosi del cinema francese degli anni ottanta (TROIS HOMMES ET UN COUFFIN) Coline Serreau conferma la sua intelligenza ed il suo talento: anche qui simpatia (il film che vuol divertire e " far pensare ") e talento (quello di raccontare una storia, di seguire una sceneggiatura conseguente) sono all'appuntamento. Del pubblico e, magari fin troppo, della critica.Perché ROMUALD & JULIETTE, storia di un PDG - come dicono in Francia - di una grande industria di latticini che s'innamora di una donna di pulizie (non bella, non giovane e anche nera, tanto per chiarire subito le cose), dopo che questa lo ha aiutato a sventare una congiura commerciale e soprattutto ad aprire gli occhi sul mondo, è proprio come un delitto, sin troppo perfetto.
E immodesto: di quel difetto - troppa carne sul fuoco - che uccide golosi e cineasti. Troppi rilanci drammatici (il tentativo di truffa nella ditta + il melodrammatico e scontato episodio sulla droga + la storia d'amore con finale in bianco tra Auteuil e la matrona), troppi personaggi (i dirigenti infedeli, i mariti della volenterosa Firmine Richard, i bimbi neri e bianchi che ricordano il bebè del successo precedente) abbandonati a metà strada. Che rompono il ritmo, creano pause durante le quali uno ha tutto il tempo di riflettere sull'improbabilità dell'encomiabile parabola.
Gli effetti benefici dell'utopia non sono certo da vantare: ma perché si creda all'impossibile, perché si giochi il gioco, occorre che questo, oltre che ben intenzionato, sia anche sapiente.